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Oro nero. Viene definito così quel liquido denso, profumato e dal colore tipico che viene prodotto tra le colline che si estendono tra le province di Modena e Reggio Emilia, e soltanto lì. Due i disciplinari esistenti per l’Aceto balsamico di Modena, uno per la Dop e l’altro per l‘Igp

Aceto balsamico di Modena

Eccellenza del made in Italy, l’Aceto balsamico di Modena è molto apprezzato nel nostro paese ma ancor di più all’estero, soprattutto in Giappone e negli Stati Uniti. Parlare di Aceto balsamico di Modena non è però sufficiente: occorre distinguere tra Aceto balsamico tradizionale di Modena Dop e Aceto balsamico di Modena Igp.

Il primo è un prodotto tradizionale, composto per il 100% da mosto cotto di uve autoctone modenesi (Ancellotta, Berzemino, Lambrusco, Occhi di Gatta, Sauvignon, Trebbiano, Sgavetta, oltre ad altre Doc e Docg), senza aggiunta di sostanze. Diventa quel liquido pregiatissimo soltanto dopo essere maturato per 12 o 25 anni in botti di legno che variano per grandezza e per tipologia di essenza. Si parte da un minimo di 5 botti fino a 10-12 barili. La diversa tipologia di legno conferisce al contenuto una ricchezza di bouquet e caratteristiche peculiari. I legni utilizzati sono normalmente il rovere, il castagno, il gelso, il ciliegio, il ginepro, la robinia e il frassino.

Matura nei sottotetti

Il luogo ideale per la maturazione dell’aceto balsamico tradizionale di Modena sono i sottotetti, ove vi è una maggiore escursione termica: gli inverni rigidi favoriscono la decantazione, mentre le estati calde agevolano nei tempi la fermentazione e l’evaporazione. Le botti, disposte in ordine decrescente, vengono riempite per 3/4 del volume totale, perché la massima superficie venga esposta all’ossigenazione, favorendo così le attività microbiologiche di lieviti, acetobatteri ed enzimi. Trascorsi almeno 12 anni, si preleva dalle botti più piccole il liquido che può fregiarsi del titolo di Aceto balsamico tradizionale di Modena o Extra vecchio, se il prelievo avviene dopo i 12 anni, secondo il rigido disciplinare Dop.

Per ripristinare i livelli, la quantità di prodotto prelevato è rimpiazzata attraverso un travaso dalle botti più grandi verso le più piccole, in base a regole ben definite. Gli scambi climatici danno vita ai naturali processi di fermentazione alcolica, di ossidazione acetica e di lisi enzimatiche, portando alla formazione della complessa struttura dell’aceto balsamico di Modena. Il prodotto che ne risulta viene poi imbottigliato in una bottiglietta tonda disegnata apposta da Giugiaro e il suo costo è molto alto, proprio per il lungo invecchiamento che subisce.

Igp dal 2009

L’aceto balsamico di Modena Igp ha ottenuto la dicitura soltanto nel 2009, ed è composto da mosto di uva e aceto di vino. Il disciplinare Igp impone anche a questo liquido almeno due mesi di maturazione in botti di legno: questo tempo aiuta il mosto di vino e l’aceto ad assemblarsi, a divenire armonici. La caratteristica più importante che il consumatore può apprezzare nell’aceto balsamico di Modena Igp è la quantità di mosto contenuta nel prodotto. Questo, che è ottenuto dalla spremitura dell’uva, viene cotto e bollito, fino a raggiungere la caramellizzazione degli zuccheri. Il composto che ne deriva, molto dolce e denso, aggiunto all’aceto di vino, diventa Aceto balsamico di Modena Igp.

Prodotti versatili

Più è alta la quantità di mosto presente nel prodotto, maggiore è la densità e la dolcezza dell’aceto balsamico finale. “Abbiamo realizzato una classificazione in base al quantitativo di mosto presente nell’aceto balsamico, che viene indicata con grappoli d’uva”, afferma Giulia Gibertoni, responsabile export per l’Acetaia Giuseppe Cremonini. “Il punteggio va da uno a cinque: il prodotto con un solo grappolo d’uva rappresenta lo standard di gamma dell’azienda, la presenza di 5 grappoli conferisce il massimo di qualità al prodotto, con una percentuale che arriva sino al 60% di mosto cotto presente nell’aceto balsamico”.

Entrambi gli aceti balsamici sono prodotti estremamente versatili. L’Igp si può utilizzare per pietanze crude e cotte. “E’ ottimo – spiega Giulia Gibertoni – su carni bianche, come le scaloppine. Insolito ma molto apprezzato anche sui dolci e nelle creme”. Il Dop, invece, si utilizza soltanto a crudo e con grande parsimonia. “Qualche goccia è sufficiente per dare un tocco raffinato a formaggi e frutta”, precisa Giulia. “E’ eccellente sui pesci, in particolare i crostacei, per esaltarne il sapore delicato e aggiunto alle composte di frutta dona un che di sfizioso a formaggi o carni lessate”.

 

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