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Ogni mese una famiglia italiana spende circa 950 € al supermercato (Istat, 2011) e getta via più o meno 150 kg di cibo pro capite all’anno, poco in confronto ai 579 kg dell’Olanda ma molto più della Grecia, che ne butta 44 kg: che la crisi economica stia stimolando le coscienze ecologiche dei cittadini del XXI secolo? 

Foodsharing: la fiera della condivisione

Potrebbe essere così. Certo è che in Europa le consuetudini domestiche causano più del 40% dello spreco alimentare, che arriva a 89 milioni di tonnellate di alimenti. La soluzione, secondo gli ideatori della pratica che sta spopolando in Germania, si chiama foodsharing. Pagando un’iscrizione di 60 € per i privati e 150 € per le istituzioni, si diventa membri di questo sistema di condivisione del cibo e si può usufruire del servizio.

Il sito di riferimento è foodsharing.de ed è nato il 12 dicembre 2012 per riciclare i prodotti prima che scadano ma anche per educare gli utenti al riconoscimento degli alimenti freschi e alla loro conservazione. Il meccanismo è molto semplice: ogni giorno vengono pubblicate sul sito offerte di vario genere (riso, pasta, latte, cioccolato, marmellata, formaggio, omogeneizzati, frutta e verdura km 0), alle quali viene associata la città di provenienza, il tipo di cibo, la scadenza e la data in cui la merce può essere ritirata.

Cibo buttato

Il fatto che in Germania siano buttate via 500mila tonnellate circa di cibo all’anno, ha ispirato un regista e un giornalista di Colonia, Valentin Thum e Stefan Kreutzberg, che con grande dedizione hanno iniziato a lottare contro lo spreco inaugurando questa nuova frontiera del foodsharing.

Fino a qualche mese fa, infatti, esistevano la Food for sharing e il progetto foodsharing di Caritas International, che si occupavano del sostentamento delle famiglie indigenti ma nessuno aveva sviluppato un progetto simile indirizzato al proprio vicino di casa, al concittadino: il foodsharing. «Non è solo condividere il cibo con i bisognosi, ma con tutti. Dobbiamo superare l’imbarazzo e le inibizioni che ci impediscono di accettare cibo da altri», spiega l’attivista Raphael Fellmer.

Nuovi modelli

«Non si tratta semplicemente di offrire il cibo eccedente, ma di creare un nuovo modello sociale. Per questo collaboriamo anche con i supermercati e, a Berlino, con i produttori bio». Grazie al successo riscosso nella città di Colonia, il sistema della condivisione del cibo si è diffuso a Berlino, Monaco di Baviera, Ludwigsburg e Chemnitz ed è pronto a essere accolto in Svizzera e in Austria.

Educazione antispreco

Importantissima è anche la funzione educatrice del progetto, appoggiata da altre iniziative anti-spreco come il Dinner Exchange di Berlino, in occasione della quale Sarah Mawes e Sandra Teitge invitano una trentina di persone, che in cambio di una donazione (destinata a progetti alimentari benefici) assistono alla dimostrazione di come gli scarti possono essere trasformati in un’invitante cena.

Anche la Finlandia si è dimostrata sensibile all’argomento: ogni famiglia locale butta il 4,5% di quello che acquista ogni anno ed ecco che nella zona Roihuvuori di Helsinki, per limitare gli sprechi, nasce il progetto Saa syödä (letteralmente Licenza di mangiare).

Con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente finnico e l’intervento di alcune società private, sarà possibile realizzare un punto di foodsharing di quartiere dove gli abitanti dell’area possono portare il loro cibo in eccesso e prelevare quello lasciato da altri. Secondo quanto riportato da tuttogreen.it, 200 famiglie potranno portare in questa sede piatti pronti, verdure e prodotti alimentari non aperti ma con data di scadenza imminente e saranno tenute aggiornate attraverso un blog dedicato e Facebook.

 

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Foto Ufficio Stampa