Pesce-in-scatoletta

Il pesce in scatoletta è a tutti gli effetti un componente importante di una dieta salutare e ora la scienza lo conferma: fa bene come il consumo di pesce fresco e, grazie a cotture rispettose, ne mantiene inalterate le proprietà.

Il mare in scatoletta

In fatto di alimentazione, circolano da sempre certe convinzioni prive fondamento scientifico, ma molto difficili da sradicare: mangiare la frutta dopo i pasti fa male, la pasta per cena appesantisce, e lo zucchero di canna è più salutare di quello bianco.

Un’altra leggenda metropolitana molto diffusa, e del tutto falsa, è quella secondo la quale il pesce in scatoletta, a causa di un elevato contenuto di mercurio, sia nocivo per la salute. Recenti studi scientifici hanno invece dimostrato che il pesce in scatola è un importante alleato della salute e un alimento da includere nel carrello della spesa per diversi motivi. 

ANCIT (Associazione Nazionale Conservieri Ittici), insieme a Andrea Poli (presidente di Nutrition Foundation of Italy – NFI), Carlotta Franchi (capo laboratorio all’Istituto Mario Negri di Milano e coordinatrice scientifica dell’Italian Institute For Planetary Health) e Luca Piretta, (gastroenterologo e nutrizionista dell’Università Campus Bio-medico di Roma) ha raccolto le più recenti evidenze scientifiche sulle conserve ittiche, anche per sfatare alcuni pregiudizi duri a morire.

Alleato della salute

Chi l’avrebbe mai detto che il pesce in scatola è praticamente un superfood? Il processo con cui viene prodotto consente di conservare i benefici del pesce fresco. E ormai oltre 60 studi ne dimostrano gli effetti protettivi nei confronti di malattia cardiovascolari, tumori e persino la depressione. 

Grazie al suo ricco contenuto di grassi polinsaturi omega3 a lunga catena (epa e DHA), il pesce in scatola è in grado di modulare i processi infiammatori, diminuendo il rischio di alcune malattie.

Una fra queste, è il cancro al colon retto, una patologia che sta diventando sempre più comune e che, si stima, causerà 2,3 milioni di casi e 1,6 di decessi entro il 2040. Secondo uno studio condotto l’anno scorso dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS nell’ambito delle attività dell’Italian Institute for Planetary Health (IIPH), consumare 2 porzioni alla settimana di pesce in scatola sott’olio fra tonno, sardine e sgombro (l’equivalente di circa 160 g), riduce del 34% l’insorgenza di questo tumore, così come quelli al cavo orale, alla faringe e allo stomaco.

Meglio del filetto

In quanto protettore della salute, il pesce in scatola è ricco di proprietà: povero di calorie e ricco di proteine, vitamine e sali minerali. E ancora, presenta poco colesterolo e abbondanti acidi grassi polinsaturi e un elevato contenuto di vitamine A, B12, B3, potassio, iodio e proteine.

Niente da invidiare al pesce fresco, e neppure a un filetto di carne: rispetto a quest’ultimo, 100 g di tonno sott’olio apporta 5 g di proteine, 18 microgrammi di selenio, 5,7 microgrammi di vitamina B3 e 3 di B12 in più. 

Anche l’olio nella scatoletta è un alimento da non buttare via perché, stando a contatto col pesce, si arricchisce dei grassi polinsaturi, in particolari composi da acidi grassi omega 3 (DHA) e vitamina D (colecalciferolo)

Buono per tutti

Il pesce in scatola è un alimento, per così dire, democratico. La lunga durata di conservazione, il costo inferiore e la facilità con cui lo si trasporta lo rendono usufruibile da un numero maggiore di persone, anche quelle che non potrebbero accedere al pesce fresco per ragioni di costo o di approvvigionamento.

Il tonno in scatoletta ha infatti una vita media di almeno 5 anni e ciò è possibile grazie al tipo di inscatolamento, che avviene senza ossigeno, e impedisce ai batteri di proliferare. L’unica eccezione è rappresentata dalla tossina del botulino, che sopravvive anche in condizioni anaerobiche, ma la cui presenza è molto evidente perché causa il rigonfiamento delle lattine. 

Ed è poi pratico, di facile reperibilità e preparazione: è il tipico alimento salva-cena per quando si ha poco tempo o voglia di cucinare, e molto versatile in cucina: dalla classica pasta, a un’insalatona proteica, il tonno in scatoletta è un alimento sul quale si può contare. 

Mercurio sì, mercurio no

Benché sia vero che i pesci di grossa taglia, come il tonno o lo spada, possano presentare contaminazione da mercurio, a causa degli alti livelli rilevati nei mari, e in particolare nel Mediterraneo, quelli presenti nelle scatolette sono così basse da non rappresentare una minaccia per la salute (inferiori a 1 mg per kg, la soglia limite fissata dalla legislazione europea). 

La rivista Altroconsumo ha condotto una ricerca per misurare i livelli di mercurio nel pesce, analizzando centinaia di campioni di tonno in scatola, fresco e surgelato. Oltre la metà dei campioni è risultata idonea, guadagnandosi giudizi buoni e ottimi, e nessuno oltrepassava i limiti stabiliti dalla legge.

E anche se il pesce in scatola è stato spesso ritenuto nocivo per i bambini e le donne in gravidanza, secondo uno studio recente (The benefits of fish intake: Results concerning prenatal mercury exposure and child outcomes from the ALSPAC prebirth cohort), che ha valutato l’esposizione prenatale al mercurio, emerge che i nutrienti fondamentali contenuti nel pesce presentano effetti protettivi di gran lunga maggiori rispetto ai possibili rischi associati alla presenza del mercurio. Inoltre, il selenio, presente naturalmente nel pesce, aiuta a contrastare gli effetti del mercurio.

Cosa scegliere

In generale, sarebbe meglio scegliere più spesso di acquistare pesce azzurro, come sardine, sgombri e acciughe, e comprare più raramente il tonno, la cui pesca è diventata sempre meno sostenibile. In generale, benché il consumo di pesce possa apportare svariati benefici alla salute, è bene ricordarsi che, come per gli allevamenti intensivi, anche la pesca ha pesanti conseguenze sull’ambiente, e il pesce deve per questo essere consumato con moderazione e consapevolezza

 

 

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