Si decide in questi giorni la riforma della Pac (Politica Agricola Comune) 2014-2020 che vale da sola circa il 30% dell’intero budget comunitario. Ultimo appello delle Associazioni ambientaliste in favore dell’agricoltura biologica.
Puntare sull’agricoltura biologica
Quattordici Associazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica (Aiab, Associazione per l’Agricoltura Biodinamica, Fai, Federbio – Upbio, Firab, Italia Nostra, Legambiente, Lipu, Slow Food, Touring Club Italiano, Pro Natura, Società Italiana Ecologia del Paesaggio, Wwf) che da alcuni mesi seguono gli sviluppi della riforma hanno scritto ai Ministri dell’Agricoltura e dell’Ambiente, alle Commissioni Parlamentari e alle Regioni per un ultimo appello per porre all’attenzione alcune questioni strategiche.
La riforma della Politica Agricola Comune dell’Europa entra infatti in dirittura d’arrivo in vista della discussione tra Commissione Europea, Parlamento e Consiglio Europeo per la definitiva approvazione.
L’appello sostiene che: «Occorre aver chiaro che con la Riforma della Pac si sceglie anche il modello di agricoltura che vogliamo perseguire a livello europeo fino al 2020: se quello basato su produzioni intensive che richiedono alti imput chimici ed energetici e che sta alla base delle produzioni ogm oppure un modello sostenibile, basato sull’agricoltura biologica e biodinamica e sulle produzioni locali che sanno fare a meno dell’uso della chimica nell’interesse di tutti i cittadini», che si aspettano una vera riforma della Politica Agricola Comune per assicurare che con i fondi pubblici siano premiate le aziende agricole più virtuose che garantiscono maggiori benefici per la società, cibo sano, tutela dell’ambiente e maggiore capacità di creare lavoro per i giovani.
Il nuovo ‘greening’
L’aspetto in discussione più interessante è l’introduzione del greening (letteralmente ‘inverdimento’) considerata dalla maggioranza degli osservatori come una delle principali novità della proposta di riforma del pagamento unico, accanto all’abbandono del modello di riferimento storico dei pagamenti diretti. Si configura di fatto come una sorta di “titolo verde” riconosciuto agli agricoltori attivi, a condizione di rispettare obblighi agronomici e ambientali, uno dei quali (Pascoli permanenti) è già oggi rispettato nel quadro della condizionalità.
Invece, l’obbligo delle aree di interesse ecologico e di diversificazione delle colture rappresentano dei vincoli nuovi su cui discutere (per saperne di più http://www.pianetapsr.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/280).
Ecco allora i sette i punti posti all’attenzione dal cartello delle Associazioni
1. Assicurare l’adozione di un greening efficace respingendo il concetto poco chiaro di “equivalenza” alle pratiche del greening e il doppio pagamento agli agricoltori per le stesse attività;
2. Sostenere maggiormente l’agricoltura biologica e i sistemi agricoli di alto valore naturale;
3. Assicurare l’inserimento della Direttiva pesticidi nella condizionalità e includere la Direttiva Quadro sulle acque;
4. Assicurare una reale protezione ai pascoli importanti per la biodiversità, le zone umide e i suoli ricchi di carbonio;
5. Aumentare la dotazione finanziaria per lo sviluppo rurale vero strumento strategico per le imprese agricole e per il territorio;
6. Reintrodurre l’obbligo di spesa minima per le misure agro-climatico-ambientali del 25% delle risorse assegnate allo sviluppo rurale;
7. Mantenere il 100% di confinanziamento europeo per i fondi trasferiti dal primo pilastro allo sviluppo rurale, come già concordato dai capi di Stato e di governo.
In particolare, Giulia Maria Crespi, presidente onorario del Fai (Fondo ambiente italiano) da sempre impegnata su questo propone di intensificare la lotta al dissesto idrogeologico, alle sementi geneticamente modificate (da vietare) e, per contro, di incrementare i contributi all’agricoltura locale e alla filiera corta.
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